Ricominciamo, è notte, la testa gira ancora, forse stavo sognando, forse dormivo, la mia macchina grigia con due persone dentro è arrivata a destinazione, credo a casa e sono nel mio letto.
Ricominciamo, era l’otto giugno sono a una festa in una cascina rossa sui colli euganei, e attorno a me i teletubbie ballano e grigliano ma non parlano inglese, confusione ma la nebbia si sta diradando.
Ricominciamo, sono in una villa in campagna a ridere con amiche e amici, ci unisce uno sport che vivevo come una malattia da ragazzino, ma da cui non sono ancora guarito, con avversari di allora che sono diventati i compagni di squadra e con ombre che vagavano nella testa da anni che si sono materializzate come se i ponti levatoi di colpo si abbassassero per cortocircuitare i sentimenti e i ricordi del campo e i loro sudori, le voci no no sono sempre quelle, le voci non cambiano, sono l’anima che ci gira attorno, la nostra voce già.
Ricominciamo, sono nel letto e leggo che sono state estratte le squadre per il torneo tre contro tre e mi piace questo ma non mi sveglia del tutto, mi coccola, mi avvolge e mi accompagna nel più profondo della notte.
Ricominciamo, il torneo 3 contro 3 a Rubano risveglia tutta la truppa dal letargo e dall’idea di ombrellone, ridà linfa alle scarpette per appuntamenti al campetto per darsi in pasto alle zanzare.
Mi rileggo il messaggio con i nomi dati alle squadre e la distribuzione dei miei compagni irriducibili e cavoli se mi piace la mia, è diversa da quella meravigliosa dall’anno scorso e da quella godereccia dell’anno prima, e non capisco perché ma la sento già addosso. Qualche nome è diverso dall’anno scorso e Fabio in squadra non l’ho mai avuto ma al figlio della mia amica Valentina posso dire che sarò in squadra con quello che gli ha fatto l’autografo in studio e Giovanni mi piace sì e vederlo giocare è quello che mi aspetterei anche sempre da me stesso, combattente sorridente sempre fiero di metterci il corpo senza mai tirare indietro di un millimetro un ginocchio o un gomito e poi è simpatico anche lui, leggo Max e mi dico che sarà bello rivederlo crederci perché è da settimane che mi nomina il tre contro tre e voleva proprio giocarselo, MVP’S già, ci chiamiamo MVP perché Andrea è in squadra mia anzi sono io in squadra sua e mi godo anche solo la lettura del nome e da stronzo mi dico che ancora una volta ho culo e che sono con persone bene assortite e un po’ come in regata, tutto funziona meglio se sei con persone con cui stai bene e che sanno la loro. Leggo i nomi degli altri team e mi dico ma che belle squadre e giocavo a metterci di qua e di la a spostare i nomi a ricordarli seduti in spogliatoio di fianco a me durante l’inverno a ricordare come tirano a come passano e ho capito che gli Irriducibili sono un po’ come un branco di lupi nella neve si corre per se, ma anche per gli altri e non importa chi sia il lupo al cui fianco stai combattendo, sai che azzannerà quanto e più forte di te e se fai qualcosa di importante lo fai anche per gli altri.
Ricominciamo, ascolto i Tear for Fears e pensavo al Torneo Pavanello e a quanto mi era piaciuto giocare quel torneo sotto ai fari e sopra alle panche con i panini mai abbastanza onti e mai abbastanza piccanti, mi preparo una borsa e vado al primo allenamento e fa caldo tanto caldo e quindi non serve scaldarsi e alla prima palla contesa a Pag, taaaak, il polpaccio che mi ha tenuto fuori dagli allenamenti tutto l’inverno torna a farsi sentire, quando si è stupidi lo si è fino in fondo quindi rimango seduto in panchina a vedere saltare e giocare pensando al torneo alle serate di colpo svanite ma rimango per la birretta finale, in fondo a noi va sempre bene se qualcuno si fa una birra con te
Ricominciamo, ci stiamo giocando l’accesso alla finale, è proprio così, la finale non con una squadra qualsiasi non con i verdi ma contro i Jimi’s, cioè noi stessi, gli arancioni dell’ovest che hanno buttato fuori i verdi nell’altra semifinale, la finale come una tempesta perfetta in cui infilarsi perché comunque sai che se te la giochi qualsiasi sia il risultato hai già vinto, ma non è ancora giocata la semifinale e non è ancora stata vinta.
Ricominciamo, giocare contro una squadra come i blu che non è cattiva che la sera prima non ti ha menato che non ti ha piantato i gomiti nel costato, che l’hai già vinta nella testa che è però la prima partita di questo venerdì che aspettavi da giorni e che è li a portata di braccio e basta morderlo e succhiarlo ma giocare con i blu ha il sapore delle mandorle amare, sono uguali alle altre ma sono amare e più mastichi e più sono amare e succede che non te la giochi sul campo ma solo nella testa questa semifinale e solo dopo che è finita, con Andrea ti dici che l’avresti persa 100 volte quella partita perché lo senti e la rigiochi ti rigiocherai un’altra partita ma quella l’hai persa. Però te la sei giocata, la regola che ci siamo dati con i cambi chiamati da fuori ha funzionato tutti ci abbiamo dato dentro e tutti abbiamo sudato, si vince e si perde veramente assieme.
Ricominciamo, mi guardo le foto di questo torneo rivedo le maglie verdi, le splendide e invidiatissime grigie, le arancioni che hanno assaggiato le mandorle blu nella finale e mi dico che sono fortunato, non ho più quindici anni, non ho più il mio Sì per scorrazzare ma gioco ancora al basket nella mia maglia vinaccia e ancora mi sto dicendo come quando avevo i brufoli che se mi alleno bene quest’anno, posso diventare più forte e magari il prossimo anno le mandorle saranno salate.
Ricominciamo, abbraccio Chiara e Michele lasciando la cascina sui colli, davanti a me il profumo delle vigne nella notte e dietro risate indistinte ma sempre più forti.