Un ritorno Irriducibile. O quasi.
Irriducibili 3.0
8 giugno 2019
Eccoci al consueto articolo di fine campionato degli Irriducibili…
8 giugno 2019

Un ritorno Irriducibile. O quasi.

“Franz ‘ndemo, un po’ di energia. No i xe miga mostri”. Era un bel po’ di tempo che non sentivo chiamare il

mio cognome da un coach in panchina. Già era da un bel po’ di tempo che non tornavo a calcare il parquet
con un numero sulla maglia con l’obiettivo di vincere una partita, durante un campionato.

Ma la tentazione era davvero troppa. Soprattutto se l’invito mi veniva fatto da una truppa di “giovani
dentro” come me. Legati dalla passione per la palla a spicchi, per i passaggi no-look, per le difese
dirompenti (o auto-lesioniste) e soprattutto per le bionde medie del post-allenamento-o-partita-che-fosse.

Al secondo allenamento di prova ero già irriducibilmente ingaggiato. Fisicamente provato, acciacchi e
scricchiolii ovunque. Ma motivazione a mille. Pronto per affrontare l’agone sportivo UISP.
Poco importava se quel numero sulla schiena da me scelto, il 72, rappresentasse anche il mio anno di
nascita. Anzi, era motivo di orgoglio ed anche presupposto necessario per essere in piena sintonia –
anagrafica – con il team.

Il ritmo degli allenamenti si presentava subito intenso, arrivando – pensate – addirittura a 2 sedute a
settimana (cosa per me inconcepibile, quasi sconcertante, ricordando tale ritmo e intensità forse solo
all’epoca del minibasket Virtus  ).

Ok, ce la potevo fare. Stava a me tornare a prendere il ritmo. Anche se non era cosa così facile. E la parte
che richiedeva più impegno, lo confesso, era soprattutto il terzo tempo che più volte dopo allenamento,
per la stretta necessità di affinare tecniche di gioco e concordare sopraffini strategie d’attacco (credeghe),
si prolungava oltre misura. D’altra parte non c’era scelta, era necessario essere tutti compatti per poter
consolidare l’irriducibile compagine per farla diventare ancora più “squadra”. A tutti era richiesto un
sacrificio extra.

A cementificare ulteriormente il team non poteva mancare il tradizionale gruppo Whatsapp, utilizzato e-s-
c-l-u-s-i-v-a-m-e-n-t-e per condividere aggiornamenti sulle migliori tecniche di difesa nonché per suggerire
esercizi per mantenere il tono muscolare nel quotidiano. Il tutto ovviamente attraverso immagini e video
metaforici che facessero leva sugli archetipi di riferimento dell’uomo adulto italico … … con l’obiettivo di
tenere sempre alto l’umore.

Fondamentale, poi, la decisione strategica di non impostare alcuno schema di gioco precostituito. Meglio
essere liberi di muoversi apparentemente a caso in campo. Con blocchi improvvisati, ma sempre con stile.
Facendo girare la palla al rallentatore per ipnotizzare gli avversari. Dissimulando errori ad arte, sempre per
confondere la parte opposta.

Con l’urlo di battaglia “Mission!” senza quasi rendersi conto di nulla si entrava man mano nel vivo del
nostro campionato. Perdendo, con orgoglio. Vincendo, con orgoglio. Ma soprattutto partecipando con
passione, in assenza di ossigeno. Che manco Messner sull’Everest.

Certo, lungo il percorso qualche Irriducibile era costretto a fermarsi per qualche pausa tecnica. Un ginocchio,
una spalla, qualche dito delle mani … ma nulla poteva arrestare la staffetta – claudicante ma compatta – di
un team così bene affiatato.

Nel mio caso è stato un maledetto pollice, fratturatosi nel pieno della trance agonistica di una vivace
battaglia sotto canestro, a costringermi al pit-stop. Una pausa di riflessione e un’ottima occasione per
leggermi online, con la dovuta calma, qualche chicca del Maestro Sergio Tavčar.
Nel frattempo, come era giusto che fosse, gli Irriducibili si aggiudicavano il Trofeo Primavera UISP 2019.

Entrando a ragion veduta nella storia.